– 30 aprile. –
La prima fase della quarantena che ha paralizzato il paese è agli sgoccioli. Ancora pochi giorni, e dopo poco meno di due mesi potremo tornare a uscire senza necessariamente dover avere una motivazione valida da inserire nell’autocertificazione.
Semplicemente, sarà nuovamente concesso avere voglia di andare in un certo posto, di passare del tempo con gli amici, di fare una passeggiata o di comprare un abito nuovo.
Stiamo per riconquistare la tanto sospirata libertà.
Seppur ancora parzialmente incompleta, seppur non quella di prima, quella che abbiamo sempre conosciuto e, forse, poco apprezzato.
Dovremo fare i conti con un mondo parzialmente nuovo, per affrontare il quale servirà metabolizzare una maggiore consapevolezza degli spazi propri ed altrui, unitamente ad una maggiore riscoperta della natura, del rispetto che le dobbiamo e di ciò che lei può dare a noi.
In tutto questo, poco prima della pandemia, alcuni amici hanno fondato una Associazione di Promozione Sociale che porta un nome a dir poco esplicito: Reggio Calling.
Una associazione nata sul territorio per il territorio, in particolare quello reggiano, che pone nel cono di luce la cultura, e la sua valorizzazione.
L’idea è nata da sette ragazzi, artisti, disegnatori, insegnanti precari, educatori, dj, che si rivolgono ai giovani per fornire e contribuire ad accrescere uno spazio di aggregazione ed incontro pomeridiano, che parte da grandi tavoli su cui studiare o svolgere i compiti ed arriva ad una stazione radio.
Inutile dire che il lockdown, prima, e il distanziamento sociale, poi, hanno parzialmente interrotto il loro progetto, lasciandolo in standby per diversi mesi.
Ma, senza lasciarsi abbattere, nel frattempo hanno dato vita ad una serie di progetti collaterali, tra cui una challenge incentrata sul concetto di libertà.
Il quale poteva essere analizzato utilizzando le più varie espressioni dell’arte: un disegno, un quadro, una melodia, una poesia.
Lei, con l’arte, non è mai andata d’accordo.
Ha scarsa manualità, scarso senso estetico. Non sa disegnare, e il suo senso del ritmo è imbarazzante.
Ma le piace scrivere, in quel suo modo pieno di punti e congiunzioni.
Ci ha provato, a raccontare usando le parole quello che è per lei la libertà, in un momento in cui alcune sue sfaccettature, spesso così scontate, erano negate.
Ne è uscito un piccolo decalogo di situazioni.
Oggi, che le scale colorimetriche dividono il Paese in zone nelle quali dover sottostare a restrizioni più o meno serrate a seconda di dove si ha avuto la fortuna di ritrovarsi a vivere, quando per la seconda volta in pochi mesi viene imposto, o caldamente raccomandato, di non incontrare le persone a cui si vuole bene, di non viaggiare o spostarsi senza reale necessità se non il desiderio di scoprire l’intorno, le è tornato in mente.
E, seppur meno attuali, era doveroso concedergli nuovamente un piccolo spazio, a quelle parole spuntate.
Libertà. É prendere un treno, che lento attraversa il paesaggio. E raggiungere un amore lontano.
Libertà. É ritrovarsi, guardarsi un istante e gettarsi in un abbraccio salvifico. Lungo. Completo.
Libertà. É passeggiare mano nella mano, nel sole. Sincronizzando il ritmo dei passi, l’oscillazione delle braccia, che terminano in un nodo.
Libertà. É voltarsi alla propria destra, e trovare l’altro, un cappello a tesa larga. Sorridere. Gli occhi luminosi.
Libertà. É poter pianificare le piccole cose. La colazione dell’indomani, un film al cinema, una gita.
Libertà. È ballare a piedi scalzi. Lasciandosi trascinare dalla musica, come se nessuno stesse guardando.
Libertà. É poter scegliere dove e con chi, momento per momento. Improvvisando, anche.
Libertà. É poter essere. Se stessi. O ciò che si vuole.
Qui, il post originale:
Ai personaggi reali o immaginati
che popolano le mie storie.