Il temporale li fa desistere dalla speranza di raggiungere quella che avrebbe dovuto essere la Cima Coppi del viaggio, i 3296 metri del Col Loson, ripiegando direttamente su Cogne.
Qualche giorno dopo scoprono che la grandine ha martoriato i viandanti nella salita al passo, mentre i fulmini si infrangevano tra le pietre della valle. E devono convenire che, questa volta, hanno fatto la scelta più saggia.
Inoltre, il cambiamento di programma ha permesso di creare l’occasione per riposare i muscoli urlanti e dedicarsi al tradizionale passatempo dei turisti: l’ozio.
Con negli occhi il ghiacciaio della Becca della Tribolazione.

Lasciano Cogne sotto un cielo azzurrissimo.
Una facile e verde salita li conduce al punto tappa di giornata, un rifugio con una lunga storia di sogni e desideri, costruito a quattro mani, posto al limitare più alto della Vallone dell’Urtier, torturato da immensi tralicci elettrici in tutta la sua lunghezza.
Il paesaggio, rispetto ai primi giorni è notevolmente mutato: abbondano grandi prati e pascoli, la ghiaia sottile che fin ad allora aveva costituito i sentirei lascia il posto a un fondo boscoso, ricco di sottili e silenziosi ruscelli. Fiori viola e gialli punteggiano il verde a perdita d’occhio, i grilli saltellano tra i campi e per pigrizia cercano un passaggio sui loro pantaloni, ignari di quale sia la meta.
Sembra che, dopo il lungo purgatorio, la natura abbia deciso che, quei due, siano degni di essere accolti.

Inseguono l’alba sulla vetta della Fenêtre de Champorcher (2827 metri s.l.m.), puntellata di piccolissime grotte, alcune dotate di porte e accessori in muratura, che li lasciano con la curiosità di cercare una storia non scritta.
Da lato opposto del passo un’altra porzione dell’immensa riserva di caccia di Casa Savoia. Costellata di alpeggi e nuclei abitativi che resistono con tutte le forze all’abbandono dei territori montani che sta divorando anche la Valle d’Aosta, costringendola a farsi portatrice, come già da prima è successo agli Appennini, dell’oblio.
La morbida discesa li conduce al Lago di Miserin, mistico e magico, perfetta ambientazione per storie di fantasmi. Le vette del massiccio del Gran Paradiso scintillano tutto attorno.
Imboccano il corso dell’Ayasse, ombreggiato e umido, a proteggerli da un caldo a cui non sono più abituati. In molti pescano tra i flutti mantenendosi all’asciutto su ponti di legno, qualcuno passeggia, mentre il vociare dei bambini si sparge tutto attorno.
Si spingono per una manciata di chilometri dentro la tappa di domani, fino a Verana, dove Enea e Mara li ospitano in un piccolo gioiello di B&B, addolcito dalla loro amichevole ospitalità.

A Enea e Mara,
semplicemente grazie,
per il caffè di moka,
i “brutti ma buoni”,
i consigli e i sorrisi.