Tre giorni.

“Può definirsi Psicoatleta chiunque abbia percorso cento chilometri a piedi in tre giorni,
portando su di sé il proprio bagaglio e in compagnia di almeno un amico.”

 

“Amici!”.
Una stretta di mano forte, occhi che indagano altri occhi per coglierne i segreti.
Il gabbiotto degli Psicoatleti mimetizzato dai pannelli di Hera, i neon anni ’50 dell’American Graffiti gli rubano la scena.
Un anticipo di birra, tra aneddoti di altri tempi e storie di viaggio. Ci si scambia i chilometri percorsi, gli incroci e i segnavia CAI cancellati.
Tre Giorni della Psicoatletica: da Rimini a Pennabilli, risalendo San Marino e Sasso Simone.
L’iniziazione, domani.

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Due caffè.
Dopo il fischio di inizio, abbandonano la città attraverso il Ponte di Tiberio, costeggiando il fiume Marecchia e i suoi canyon di argilla. Una strada bianca sibila via dal mare.
San Marino è avvolto tra le nubi. Il Titano e i castelli che lo difendono, dormono sotto la coltre compatta.
Raggi di sole provano a scalfire il grigio del cielo, e quando ci riescono, rivelano una primavera appena nascosta.
Una tappa piana, con l’arrivo in salita, tra sampietrini e finzione.
Birretta di fine tappa, ed i consigli di camicie di colori improbabili.
Per cena inventano le storie delle persone attorno.

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L’alba tinge di rosa il mare di nuvole dispiegato ai piedi di San Marino, ora isola e non più montagna.
Temerari picchi vicini cercano il sole oltre il bianco tenace. Spuntano appena.
I viandanti scendono veloci, raddoppiati nel numero dagli arrivi notturni, e si tuffano sotto le nubi. L’aria densa di umidità pizzica il naso.

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Superano le valli, salendo tra le orme del bosco e i crinali ventosi, discendendo l’asfalto. Senza poter rimuovere dagli occhi l’immagine della Repubblica più antica del mondo.
Carpegna si rivela nel primo buio, gioiosa di maschere carnevalesche.
Con la Santa Birra in mano i veterani battono il pugno ai nuovi, e raccontano le storie di precedenti acquazzoni.

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La perturbazione che non può essere nominata è la padrona della giornata.
Sasso Simone è perso tra il grigio, nasconde la sua mole alla vista.
Il percorso viene velocemente ridimensionato, e partono su un sentiero di argilla rosa.
Ben presto i k-way portano colore nel bosco autunnale, ritardatario. Macchie luminose che procedono a piccoli balzi.
Le scarpe affondano nel fango. Si procede a fatica, in un divertimento di bambini cresciuti.
L’arrivo al paese dei saltimbanchi è rapido. Tre fischi di fine all’ingresso della piazza silenziosa.
I vestiti asciutti vengono indossati sotto il porticato, tra lo sdegno di cittadini assenti e le persiane chiuse.
Tre zaini rossi, riposano assieme. Il ristoro occupa le ore di attesa dell’autobus che li riporterà a casa.
Battezzati.

Entrare nel sogno, come sempre per mano.

Grazie ad
Enrico, Zanax,
Evelina e Gianfranco,
e, soprattutto, Macs.

 

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