Anzio, inverno. Il sole intiepidisce la mattina.
Una costruzione seicentesca, protetta all’ombra delle palme.
Una stanza piena di cimeli, dal forte odore di polvere.
Per caso, vi si incontrano un appassionato di barche, un cicerone romano ed un chimico in trasferta.
Una comitiva insolita, eterogenea, che niente avrebbe mai avuto in comune, se non il trovarsi nello stesso momento in quella stanza. Ed essere interessati alle storie di Liberazione e Resistenza.
Il curatore del museo li guida tra i fondali grattati dalle navi all’approdo, le esplosioni delle bombe ed i balli di festeggiamento.
E racconta di come qualcuno, dopo molti anni, inseguendo un brutto sogno di bambino, sia arrivato fino lì, a cercare il padre morto durante la guerra. E qualcosa per cui lottare.
Lei si perde nel mare, incredibilmente placido. Immenso degli alberi delle barche a vela a riposo.
Si toglie la giacca, piacevolmente stupita del tepore, e passeggia tra una bambina di rame che gioca con i gabbiani, gli antichi protettori di cemento seminascosti da una coltre di ruggine, ed il candore marmoreo che si nasconde dietro il muro del cimitero di guerra. Quanti padri riposano lontani da casa, eroi del futuro di una nazione non loro.
“Mio padre era un pacifista ed era convinto che arruolarsi fosse l’unico modo
per liberare il mondo dalle atrocità della dittatura.
Ha perso la vita per i suoi ideali di libertà e giustizia.
[…] E ora tocca a noi vigilare perché quello che è stato non ritorni.”
(Roger Waters)