L’odore del mare.

Erano anni che la ragazza non tornava al mare.
Sette, forse otto.
Quello che più di tutto la ha colpita in questo ritorno, è la serie di odori che si sovrappongono e mescolano, a delineare più delle immagini quella che è l’atmosfera dei luoghi di villeggiatura della riviera, i cui tratti e ritmi conosceva fin troppo bene da bambina.


L’odore dei pini marittimi la investe fin dalla discesa dal treno, in quella modesta stazione di periferia.
Percorrendo il lungo viale alberato, alla cui destra e sinistra si aprono strade che portano i nomi degli eroi del Risorgimento italiano, supera innumerevoli negozietti tipici delle stazioni balneari: in vendita si possono trovare dalle cartoline ai gonfiabili, dai solari alle riviste di giochi enigmistici, dai piccoli spuntini ai braccioli ed i secchielli. Ne esce un aroma misto di plastica e gomma, con un piccolo sottofondo di cartoncino morbido.
Un ricordo della fanciullezza la punge in profondità: pioveva a grandi goccioloni sulla riviera romagnola, nell’aria odore di ozono e asfalto bagnato, e lei e il nonno si riparavano sotto la tettoia di uno di questi bazar, stretti assieme in un telo umido.

La strada è ancora vuota e immobile, data l’ora presta.
Qualche anziano con il giornale sotto il braccio e il sacchetto di bomboloni alla crema ancora caldi, per la colazione dei nipoti. Alla memoria le torna un sentore di zucchero a velo, tepore del sonno e caffellatte.
Qualche cicala in anticipo che rilascia nell’aria il suo canto ozioso.
Una coppia corre sul lungomare, lasciandosi alle spalle una scia di cotone pulito e deodorante.

In prossimità della spiaggia, l’odore principale diventa quello di crema solare, che si mescola allo iodio che risale in ampie ventate dalla schiuma delle onde.
Sceglie uno stabilimento balneare demodé, dove gli ombrelloni sono ancora quelli tipici dei vent’anni prima, dai colori sgargianti, a righe.
L’odore caldo dei granelli e dei frammenti di conchiglia la avvolge, mentre solleva un pugno di sabbia, in cerca dei piccoli granuli di quarzo e silice, di cui racconta sempre agli studenti.

All’ora di pranzo l’aria è invasa dal profumo dei pesci alla griglia, che fa lacrimare le papille gustative.
Accanto ai ristoranti, i piccoli chioschi di piadine, da cui esce l’aroma leggermente grasso dei testi su cui si imbiondisce la massa una volta stesa, assieme al pungente acidulo delle grandi ciotole di squacquerone.
E poi i gelati alla vaniglia, i dolci zuccherosi. Il cocco tagliato a fette, venduto sempre dal solito ambulante, che pare non perdere mai la voce né invecchiare.

Passa ore sulla sdraio a sfogliare pagine e pagine di un libro, l’odore della carta impercettibile, schiacciato dalla sinfonia di aromi dell’intorno.
La cute appena sudata ha un profumo dolce. In fondo, si può già percepire il dopo-sole che spalmerà abbondantemente, dopo la doccia di fine giornata.
Poco distante, un uomo fuma un sigaro acre, sfogliando il giornale.
Due ragazze venete sorseggiano un cocktail alla fragola, sedute all’ombra.
Signore non più giovani fanno la conta degli acciacchi, e si approcciano a camminare a lungo nell’acqua bassa, secondo un rito propiziatorio per la loro circolazione periferica. Al ritorno porteranno con sé l’aroma pungente dell’acqua marina e quello accogliente del sale rimasto sulla pelle.

Se si potesse creare un profumo che ricordi una oziosa giornata al mare, dovrebbe essere una sinfonia con all’interno, ben bilanciate, tutte queste note.


Alla mia amica Michela,
che mi telefona uscita da lavoro per farmi compagnia in treno.
Come pronuncia “Cervia” lei, nessun altro al mondo.

Una risposta a “L’odore del mare.”

  1. Pura estate, pura vacanza!

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