Il saluto in montagna.

Corno alle scale - fine agosto 2022

Tira vento, sul crinale.
Non il vento più potente che l’Appennino Tosco-Emiliano sa produrre, ma comunque freddo, fastidioso e, nelle folate più insistenti, invadente.

Le nuvole corrono veloci, sul crinale.
Sospinte a scavalcarlo. Con turbinii e giochi di fumo.
Arrivano rapide dal lato toscano e si gettano in quello emiliano, in picchiata verso il cuore della Valle del Silenzio.

Quando si placa, il vento, un debole sole arriva a scaldare la pelle e il silenzio é quasi totale.
A parte qualche grillo, il grido di un rapace solitario, l’urlo di un pastore.

È una giornata di fine agosto. Infrasettimanale.
La maggior parte dei villeggianti è già rientrata a casa, le seconde case si sono svuotate e tornano chiuse, per nove nuovi mesi.

Non ci sono molte persone, sul crinale, oggi.
Qualche coppia che si gode gli ultimi giorni di estate. Qualche ciclista in sella a una bicicletta elettrica. Un paio di escursionisti accompagnati solo dal proprio cane. Un padre con due ragazzini, decisamente alla prima esperienza in montagna.
Nessuno di loro è del luogo.

Lei è sola.
Ha dimenticato il guscio a tre strati in città, e ha ripiegato su una giacca risalente agli anni ’90 trovata nel grande armadio di casa, che miracolosamente è della sua taglia.
Non ha una buona gamba, quella mattina. Ha fatto colazione troppo tardi, troppo vicino all’orario di partenza, e si sente appesantita.
Per cui, procede piano, con passo molto più lento del solito, una andatura di crociera da vera passeggiata.
Quando incrocia i pochi altri fruitori dei sentieri, abbozza un sorriso sghembo, e augura il buongiorno.
Nessuno la saluta.


Il saluto in montagna, per lei, è una vera religione.

Da piccola le hanno insegnato che quando sui sentieri si incrocia il passo di qualcun altro è buona regola scambiarsi con lui un saluto.
Non (solo) per buona educazione e per fratellanza nella fatica, ma anche, e soprattutto, perché un tempo in montagna non si incontrava tanta gente, e quel buongiorno scambiato tra due escursionisti permetteva di fissare un’immagine, quella di un’altra persona, probabilmente sconosciuta, con gli occhi, i capelli e gli indumenti di un certo colore. Con il bastone oppure no. Accompagnato da un cane, magari, o solamente dal proprio cappello.
Quell’immagine, congelata nella mente grazie a un saluto, avrebbe permesso, se uno dei due, la sera, non fosse rientrato a casa o arrivato al rifugio, all’altro di ricordarsi di lui, di dove lo aveva visto, circa a che ora, e in che direzione stava andando.
Avrebbe permesso, in caso di fatalità o smarrimento, di ricostruire i passi di un uomo o di una donna, di indirizzare meglio la zona in cui cercare e cosa cercare. Avrebbe dato una speranza, fluidificato un ritrovamento.

Oggi, con una semplice ricerca online, si trovano molte spiegazioni al perché in montagna sia usanza scambiarsi un saluto.
Qualcuno dice che è un ritorno all’umanità e uno scacco all’indifferenza e alla diffidenza, altri che è per la solidarietà intrinseca nel gesto che in montagna permea ogni cosa, oppure per l’affinità spirituale e per la condivisione del bello di fiori e panorami.
Sono tutte motivazioni ben più che valide, di certo molto romantiche, e basterebbero da sole.
Ma è soprattutto per il motivo che le è stato insegnato ormai una generazione fa che Lei tiene così tanto al saluto tra sconosciuti sui sentieri. È questa la sua personale interpretazione di gesto sacrale – in fondo, con un semplice buongiorno, si affida la propria vita all’altro . Resta ferita dai tanti sguardi che troppo spesso scivolano via da chi si incrocia (e anche, troppo spesso, dalla meraviglia della natura, a ben vedere, ma questa è un’altra storia).

Lei se la ricorderà la signora bionda col guscio fucsia che mangia mirtilli e comunica ad alta voce il suo stupore per il trovarli lì. Probabilmente, l’altra, invece, non la ha nemmeno vista.
Si ricorderà anche il marito di lei, capelli grigi e guscio blu, che saltellava in giro ebete. Che non ha risposto al suo sorridente saluto.
E le due ragazzine che già al parcheggio hanno sbagliato sentiero e chiedono a una donna indicazioni e quando lei gli spiega che devono puntare l’altro versante, se ne vanno ridacchiando della propria sprovvedutezza.
(La signora, invece, alzati gli occhi al cielo, le augura una buona giornata con lo sguardo complice di chi riconosce chi la montagna la sa fruire.)

Ma come farà a ricordare il ragazzo di cui si accorge solo con la coda dell’occhio, appena fuori dal sentiero, quando gli passa accanto?
O dei due signori anziani, abiti anonimi, che al suo pronunciare un saluto continuano a parlare di chissà cosa?
E il tipo immerso nel cellulare, viso completamente coperto dall’ombra, che nemmeno si accorge che lei prova ad attirare la sua attenzione.

E, soprattutto, chi si ricorderà di Lei?

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Punta Sofia, Parco Regionale del Corno alle Scale, fine agosto 2022.

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