Milano è una città storicamente soggetta alle dominazioni esterne, che si sono susseguite in particolar modo dalla fine del basso Medioevo al Risorgimento. Durante questo periodo, lungo poco più di trecentocinquanta anni, la città si è trovata schiacciata tra le pretese francesi, quelle spagnole e, infine, quelle asburgiche.
Nel 1535 Carlo V, un Asburgo su trono spagnolo, alla morte di Francesco II Sforza fino ad allora reggente della città, decise di conservare il diretto dominio del ducato di Milano, ritenendolo la “chiave d’Italia”. Regno che passò poi al figlio Filippo II, il quale integrò a tutti gli effetti il territorio lombardo nel sistema imperiale spagnolo, accentrato su Madrid.
Nei primi anni della dominazione, Carlo V fece costruire una cerchia di bastioni posti esternamente alle antiche mura medioevali, per sopperire all’ampliamento urbanistico fisiologico e contemporaneamente svolgere funzione difensiva e di controllo.
Nel 1700 la guerra di secessione spagnola pose Milano tra i principali campi di battaglia tra Borbone e Asburgo, vedendo questi ultimi vincitori e dando origine ad un periodo di dominazione austriaca.
Nella seconda metà del secolo, perduta ormai ogni utilità militare, le mura spagnole vennero adibite a passeggiata pubblica: la sommità dei bastioni fu resa accessibile da ampie scalinate, guarnita da ghiaino bianco e panchine, gelsi ed ippocastani. Da ogni punto del camminamento rialzato la vista spaziava dal Duomo alle montagne, alla campagna ancora priva di urbanizzazione.
All’inizio del XX secolo, con l’attuazione del nuovo piano urbanistico della città volto all’espansione ed alla mobilità, vennero abbattute per quasi la totalità della loro lunghezza, come successo cinque secoli prima a quelle medioevali. I bastioni che si possono ancora ammirare presso Porta Romana sono i resti meglio conservati delle vecchie mura spagnole.
L’itinerario inizia e termina a Porta Venezia.
E’ affrontato in senso antiorario, continuando ad assecondare il moto di rotazione del nostro pianeta attorno al proprio asse e quello di rivoluzione che compie attorno al Sole, e tocca idealmente le quindici porte che delimitavano gli accessi alla città lungo quella che oggi è conosciuta come circonvallazione interna, anche se alcune di esse sono scomparse.
Rispetto alla struttura cinquecentesca, costituita da un vallo, ovvero un fossato allagabile, posto esternamente al bastione difensivo, i viali che ritroviamo oggi sono di due tipi: una serie che corre esternamente alle antiche mura, che costituisce la circonvallazione vera e propria (ovvero ricalca il tracciato del vallo), e una serie che corre internamente e che corrisponde ai bastioni propriamente detti, dei quali in alcune zone sono rimaste conservate aree pedonali o piccole isole verdi sopraelevate rispetto al piano stradale.
L’itinerario inizia in concomitanza dei Bastioni di Porta Venezia, famosi per essere i protagonisti notturni del video di Un romantico a Milano, dei Baustelle (che potrebbe essere la giusta colonna sonora per questa esplorazione urbana: qui!). Nella parte interna ora corrono i binari del tram, su un sottile strato di giovane e fresco prato. La sommità delle mura si raggiunge da una sontuosa scalinata doppia, un po’ accidentata, e nella parte sommitale si ritrova parte della passeggiata realizzata sul finire del XVIII secolo.
Costeggiando i Giardini Indro Montanelli, si raggiunge Piazza Repubblica, dove nell’intrico di fili elettrici ad alimentazione della linea tramviaria sopravvivono i pali verdi di alcuni vecchi lampioni, recanti ancora oggi i fori provocati dalle schegge delle bombe sganciate sulla città durante i bombardamenti dell’agosto 1943. L’idea bellissima che suscitano, sarebbe adornare il 25 aprile, Festa della Liberazione, le aperture nel metallo con garofani rossi, per rendere “fiorati” i vecchi lampioni, e continuare a salvaguardare alla memoria la storia che ci raccontano. Allungando lo sguardo verso destra, inoltre, si può notare a contrasto il profilo razionale in marmo bianco della Stazione Centrale, voluta dal regime fascista negli anni ’20. Ennesima contrapposizione che la città sa regalare, per indurci al ragionamento.
Poco oltre, si trova Porta Nuova, dove sopravvive il doppio arco della antica porta medioevale, e subito dopo Porta Garibaldi, da cui Giuseppe Garibaldi entrò in città. Volgendo lo sguardo attorno, il panorama è decisamente eterogeneo in fatto di stili, seppur contemporaneamente dotato di una notevole armonia: a destra, l’occhio si arrampica lungo Corso Como, fino a scorgere i grattacieli di vetro di Piazza Gae Aulenti che costituiscono il nuovo skyline della città dal design ultramoderno; a sinistra, Corso Garibaldi conduce all’imbocco del quartiere Brera, più contenuto e dallo stile classico, che permette di guadagnare il centro cittadino.
Proseguendo dritto, attraverso l’ampio e arioso marciapiede, la vista viene catturata dalla cuspide di vetro della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, che svetta al centro di una enorme spianata candida, incorniciata sulla sinistra proprio da un piccolo frammento dei bastioni spagnoli, la cui passeggiata sovrastante è stata appena restaurata. Seguendo il perimetro dell’edificio, si giunge a Porta Volta, in onore del chimico comasco scopritore della pila. Qui, si procede lungo il viale omonimo, costeggiando il piccolo e prezioso Giardino Comunitario Lea Garofalo, in Via Montello 3, uno spazio verde aperto e condiviso, gestito e curato da semplici cittadini che se ne prendono cura volontariamente. E’ intitolato a Lea Garofalo, testimone di giustizia vittima della ‘ndrangheta, uccisa a Milano nel 2009.
Imboccando Viale Elvezia e poi Viale George Byron, si arriva all’Arco della Pace, che si staglia nel verde posteriormente al Parco Sempione. Costruito agli inizi dell’Ottocento, in pieno stile neoclassico, celebra la pace tra le nazioni europee conseguita a seguito del Congresso di Vienna del 1815, anche se è stato completato ed inaugurato mezzo secolo dopo, durante la campagna per l’unificazione promossa dai Savoia.
– PICCOLA VARIANTE –
L’Arco della Pace potrebbe essere raggiunto da Porta Volta perdendosi tra le viuzze del caratteristico quartiere Chinatown, posto leggermente all’esterno rispetto alla linea della Circonvallazione Interna.
Questa piccola deviazione permette anche di scoprire, la piccola Torre Liprando, risalente al periodo romanico, posta nel cortile di un complesso condominiale in Via Pietro Giannone 9. E’ ciò che rimane della antica Chiesa della Santissima Trinità, distrutta da un incendio al quale sopravvisse solo il campanile. La chiesa fu prima ricostruita poi abbattuta e ricostruita nuovamente negli anni ’60 in una diversa posizione. Il campanile è sopravvissuto grazie ad un gesto filantropico per la sua salvaguardia di un piccolo gruppo imprenditoriale, che lo ha ribattezzato Torre Liprando, dal nome del prete che nel 1075 costruì la chiesa originale su un terreno di sua proprietà, adiacente al Borgo degli Ortolani, quando questa zona della città era ancora rurale.
Seguendo la linea sinuosa dei binari del tram lungo Viale Ludovico Ariosto si giunge a Porta Vercellina, oggi scomparsa, dove si può osservare la singolare Cappellina dei Morti, costruita dieci anni dopo per commemorare la grande epidemia di peste che avvolse la città nel 1630, che segnava anche l’ingresso del cimitero qui localizzato. La cappella ospita un piccolo ossario, è decorata da tre teschi e chiusa da una grande grata. Sulla facciata è apposto un memento mori dal duplice monito:
Ciò che sarete voi noi siamo adesso
Chi si scorda di noi scorda se stesso
Continuando lungo la linea disegnata dagli ampi viali, si costeggia il carcere di San Vittore, si raggiunge Porta Genova, anch’essa scomparsa, e da qui la Darsena, cuore antico e moderno delle vie d’acqua meneghine, da cui partono o arrivano, il Naviglio Maggiore e il Naviglio Pavese.
Lasciandosi guidare dal fiume si arriva a Porta Ticinese, in stile neoclassico. Qui, spostandosi appena verso il centro cittadino si trova la Basilica di Sant’Eustorgio, il cui campanile è adornato da una stella splendente, simbolo dei Re Magi, di cui la chiesa ospitava le spoglie all’interno di un sarcofago di pietra, arrivate in dono, secondo la tradizione, dall’imperatore di Costantinopoli a Sant’Eustorgio nel 344. Le reliquie furono trafugate dalle truppe del Barbarossa durante il saccheggio della città e parzialmente restituite nel 1904. Da allora sono conservate in una teca posta sopra l’altare della cappella dedicata ai Magi.
Proseguendo l’itinerario si raggiungono in breve tempo Porta Ludovica, Porta Vigentina e infine Porta Romana. Qui, oltrepassando quella che fu una delle sei porte principali della città, voluta da Federico III di Spagna, inizia la strada che collega Milano a Roma. Inoltre, incorniciata da un ampio spazio verde, sopravvive la porzione di bastioni, probabilmente, meglio conservata della città.
Proseguendo lungo Viale Monte Nero, si costeggiano diversi frammenti di bastioni trasformati in piazzole e giardini sopraelevati, in cui nelle giornate di sole le panchine che ospitano sono il fulcro delle chiacchiere di quartiere.
Nei pressi di Porta Vittoria vi è un’altra struttura particolare: la Rotonda della Besana, un complesso cimiteriale caratterizzato da un lungo porticato tardobarocco ad anello, al centro del quale si erge la ex-Chiesa di San Michele ai Nuovi Sepolcri, anche se la presenza di tantissime finestre su ogni braccio della sua croce greca rende un po’ difficile immaginare che la costruzione bianchissima un tempo sia stata un luogo di culto. Era localizzata in adiacenza all’Ospedale Maggiore, e fungeva da cimitero, dismesso poi nel 1792 quando fu deciso di spostare i cimiteri fuori dalla cerchia cittadina in espansione. Dalla dominazione napoleonica in avanti la Rotonda cambiò più volte destinazione d’uso: pantheon, fienile, caserma, lavanderia, ospedale. Fino a cadere in stato di abbandono. Alla fine degli anni ’50 il Comune di Milano lo ha acquistato e trasformato in uno spazio verde pubblico, in cui svolgere mostre temporanee, proiezioni ed eventi culturali, financo ad ospitare dal 2014 il Museo dei Bambini, i quali, inutile dirlo, sono gli incontrastati padroni dell’enorme giardino circolare, che crea infiniti stimoli per i loro giochi.
L’ultima porta toccata dall’itinerario è anche l’ultima ad essere stata costruita: Porta Monforte, originariamente costituita da due caselli daziari, è sopravvissuta appena trent’anni, prima che fosse abbattuta assieme a larga parte delle mura.
Il periplo si conclude giungendo nuovamente a Porta Venezia, dal lato opposto.
lunghezza: 12 km
durata: 2 ore e mezza (al netto delle pause)
Agli inizi dell’Ottocento, vi erano sei porte principali (in rigoroso senso antiorario):
- Porta Orientale, dal 1860 denominata Porta Venezia;
- Porta Nuova;
- Porta Comasina, dal 1860 denominata Porta Garibaldi;
- Porta Vercellina, dal 1860 denominata Porta Magenta;
- Porta Ticinese;
- Porta Romana;
e quattro porte succursali:
- Porta Tenaglia, nei pressi dell’attuale Porta Volta;
- Porta Ludovica;
- Porta Vigentina;
- Porta Tosa, dal 1861 denominata Porta Vittoria.
Con la crescita del traffico commerciale, nel XIX vennero aperte altre porte, alcune poco prima della demolizione delle mura:
- Barriera Principe Umberto, che esercitava l’accesso alla stazione e fu demolita per la costruzione dell’attuale apparato ferroviario inaugurato nel 1931;
- Porta Volta, realizzata per garantire gli accessi alle nuove strade costruite ad ovest della Stazione Centrale;
- Porta Sempione, corrispondente all’attuale Arco della Pace, seppur il controllo sugli accessi da quel lato della città sia sempre stati regolati direttamente attraverso il Castello Sforzesco;
- Porta Genova, che garantiva accesso alla stazione di Porta Ticinese;
- Porta Monforte, ultima ad essere realizzata.
A Fabio,
per i lampioni fiorati.
Grazie.