Hanno deciso di partire da Piazza Maggiore, da cui già altri viaggi li hanno visti lasciarsi dietro la città, allontanandosi nel chiarore dell’alba, protetti dai portici.
Quest’anno, per raggiungere il mare da casa, hanno dovuto accettare uno dei compromessi che più gli fatica: costringersi ad, almeno, tre giorni di asfalto quasi ininterrotto, attraverso la pianura e la collina, fino al raggiungimento dell’Appennino Reggiano.
I sentieri, poi, li guideranno nelle retrovie del percorso seguito quattro anni fa, lungo la Linea Gotica.
Cammineranno attraverso i luoghi rimasti vittima dell’occupazione fino alle ore finali del secondo conflitto mondiale, confondendo i loro passi con quelli delle giovani innamorate rimaste ad aspettare gli uomini saliti in montagna, ma anche con quelli dei corpi d’armata nazi-fascisti che durante il ’44 hanno perpetrato le più efferate stragi di civili innocenti.
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Bologna – Quara
112 km, D+ 2978 m
La prima tappa era già stata provata per verificarne la fattibilità, ma quando il caldo di fine luglio li avvolge fin dalle prime ore del mattino, nell’inerpicarsi sui polverosi calanchi e sulle colline ricoperte di vigneti e girasoli, per quasi tutto il giorno il loro pensiero resta fisso al desiderio di un po’ d’ombra.
Non sono molte le fontane che incontrano lungo la via, ed ogni volta è una festa di schizzi e cappellini inzuppati.
Si lasciano alle spalle le vigne profumate, i borghi arroccati di Monteveglio e Savignano sul Panaro e grazie alla passeggiata lungofiume giungono ai piedi della Rocca di Vignola, e alla meritata aria condiziata di un alberghetto.
La sera hanno appuntamento con una delegazione della sezione ANPI di Vignola, per mangiare borlenghi e gnocco fritto e condividere storie di Resistenza.
Ai due ragazzi mancava da un po’ durante il cammino l’entusiasmo e l’allegria che questi nuovi amici gli hanno saputo regalare, è stata una vera gioia.

Il secondo giorno il lungofiume da piacevole diventa la loro condanna, accompagnandoli per più della metà di una tappa alienante, dove il panorama non muta, le cicale si fanno sempre più assordanti e l’afa gli serra la gola in una morsa.
Fortunatamente, usciti dall’umido abbraccio del canneto, una lunga ed inesorabile salita li riporta in collina, dove un contadino apre le porte delle sue stalle, da cui sgorga acqua fresca e li allieta il muggire spensierato dei vitellini.
Giungono a Ospitaletto, altro teatro di dure repressioni verso i partigiani, e da lì a Serramazzoni la strada procede rovente e noiosa. Come la notte insonne che li aspetta.

Il terzo giorno partono decisi in salita, in cerca della quota in cui staziona il fresco.
Tra sentieri smarriti, ponti mangiati dalla piena ed improvvisazione, riescono a raggiungere Montefiorino, giungendovi da dietro la Rocca, come probabilmente molti giovani, settantacinque anni fa, hanno fatto per i giorni della prima Repubblica Libera.
Qui trovano una taverna spaziosa in cui smaltire il calore accumulato i giorni precedenti, il bellissimo Museo della Repubblica di Montefiorino e della Resistenza Italiana, che li incanta per ore dilatate, ed un’atmosfera di festa, rimasta dalla caccia al tesoro antifascista, svoltasi un paio di giorni prima.
Per arrivare a Montefiorino hanno percorso, assieme ed a piedi, cento chilometri in tre giorni. E gli sembra di essere giunti, nuovamente, a casa.

L’ultimo giorno di compromessi è forse quello in cui devono accettarne di più.
I sentieri tracciati su carta nella realtà non esistono, i fiumi si mettono costantemente in mezzo ai loro programmi, ed il mal tempo arriva, beffardo, al loro ingresso in paese.
Quella che doveva essere la tappa defaticante in vista della grande fatica del giorno successivo, si è trasformata in una immensa sfida psicologica, che li lascia bisognosi di solitudine e silenzio. Invece, la pioggia ticchetta senza sosta per tutta la sera e tutta la notte, lasciando presagire il peggio per l’indomani.
Hanno raggiunto i piedi dell’Appennino Reggiano, da domani, finalmente, si affronterà la montagna.
Grazie
agli Amici dell’ANPI Vignola per la splendida ospitalità,
a Mirco Carrettieri ed al “suo” Museo,
alla signora Elina per il suo entusiasmo.