Uno.

La prima uscita del nuovo anno, dopo quattro mesi di assenza dai boschi.
I pile a contrastare il freddo, gli zaini nuovi da rodare. Affidandosi alle montagne amiche.
Il fiume Reno li accompagna fino a Molino del Pallone.
Da lì, una salita di stretti tornanti, dai tratti ancora autunnali, li guida fino alla cima.
Il confine tra Emilia e Toscana è labile.
Le due regioni si fondono sulla linea di cresta, si donano l’una all’altra, completandosi.

Soli.
Non incontrano nessuno, ma un uomo e un cane hanno percorso la strada da poco, le loro impronte sono nitide e fresche.
Ogni tanto, l’eco di voci lontane li raggiunge.
I passi si posano sulla neve ghiacciata, contro cui il sole invernale nulla può. Scricchiola, affaticata dalla stanchezza degli uomini.
Qualche animale ha cercato cibo sotto la terra indurita dal freddo.
Troppe castagne aspettano ancora di essere raccolte, triste segnale di una necessità perduta.

Case di pietra con gli scuri serrati: il bosco si apre su paesi deserti.
Una terrazza sull’immensità della vallata.
I paesi abbarbicati sul versante opposto, si ingelosiscono per la visita negata.
I suoni del mondo si sono dimenticati di disturbare questi luoghi.
Calma profonda, ma lieve.

Il fruscio delle foglie riempie i silenzi.
Tra gli alberi non ci si può sentire soli.


“Sappiamo che abbiamo trovato qualcuno di speciale
quando si può stare zitti e condividere un piacevole silenzio.”
(Mia Wallace, Pulp Fiction)

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